PER RESISTERE INSIEME

mai svalutare l’altro

3 aprile 2020

Intervista a cura di Brunella Giovara

Oggi, lei come altri del settore, è alle prese con i confitti che esplodono nelle case, noi tutti rinchiusi, con figli e mariti e mogli che di solito vediamo poco e di sfuggita, nella gran parte dei casi. Giusto ieri, un tizio che accoltella la moglie davanti ai figli, dalle parti di via Lorenteggio.

Che ne pensa?

“Sono casi estremi, però dobbiamo stare attenti che non diventino più frequenti. Dalle statistiche emerge che c’è un evidente aumento di aggressività. Ci sono le premesse per questo, ma non dobbiamo allarmarci ai primi conflitti, e non dobbiamo nemmeno dimenticare che è normale che questo succeda”.

La clausura forzata preoccupa tutti…

“… ma se impariamo a gestirli, i conflitti, questi diventano un modo per rinforzare le relazioni famigliari”.

Sembra incredibile che questo possa succedere. Tutti, nei nostri palazzi, sentiamo ormai scoppiare liti furibonde, sempre che non succedano nelle nostre case.

“In una scala di intensità, passiamo da malumore, reattività, rancore, violenze verbali, violenze emotive, squalifiche reciproche”.

Ci spieghi cosa sono le squalifiche reciproche.

“‘Tu non vali niente’, ‘tu hai sbagliato tutto’, ‘tu non sai come vestirti, come rispondere alle persone…’. Sono queste, le squalifiche. Tutto ciò 11

che può ferire l’altro. Se per una persona è fondamentale il look, in un momento come questo può succedere che si senta dire dal partner ‘non sei vestito in modo adeguato’. È un modo per ferire la persona dove sa che c’è un punto debole. Invece, il partner che non è rancoroso, può far notare che un certo piatto è venuto troppo grasso, o salato, ma questo non offende l’altro. La differenza la fa la parola ‘sempre’. Si può anche arrivare a litigare – banalmente – per un piatto non riuscito…”

Basta che uno non dica ‘tu cucini sempre male’, insomma.

“È così”.

Allora, che fare?

“Eliminare l’aspettativa utopica, e infantile, e banale, del due cuori e una capanna. Noi adulti non dobbiamo più crederci. Che l’altro mi fa star bene quando sto male, e che io lo faccio star bene quando sta male.

Ora più che mai, bisogna eliminare questa cosa. Noi non abbiamo la divina capacità di far star bene l’altro, l’altro non può essere responsabile del nostro star bene. Dobbiamo riscoprire l’importanza assoluta di star bene, e lasciare la stessa cosa al partner. Poi, in automatico, le cose andranno meglio”.

Il nostro star bene fa star bene l’altro, insomma.

“Sì. Ma vede, prima eravamo troppo poco insieme, ora lo siamo troppo.

Bisogna tornare a una relazione, all’interno di un tempo in cui si sono spezzati andamenti e ritmi”.

E come si fa?

“Aumentando il nostro stare da soli. Sentendoci autorizzati a creare un modo per aumentare uno spazio che è solo nostro”.

Ma, concretamente? In una casa che magari è un monolocale?

“Tanto per cominciare, stabilire una fascia oraria in cui si fa finta di non esserci. Ci si isola, pur ubbidendo all’obbligo dell’isolamento forzato, secondo legge. Ma si ricrea un’alchimia fondamentale dove esistono spazi separati. L’obbligo è di stare insieme al cento per cento, ma questo non ha senso. Inoltre, dobbiamo ricordare che nessuno ci insegna l’arte dello stare insieme, e che l’armonia delle nostre relazioni è frutto di un’alchimia delicatissima. Il disastro è sempre a portata di mano, già nella normalità è difficile trovare questa armonia, a maggior ragione è difficile nelle situazioni di emergenza come questa”.

Quindi, non spaventarsi.

“No. È fondamentale crearsi un isolamento mentale all’interno dello spazio fisico che ci è dato, che può anche essere molto piccolo. ‘Dalle 10 alle 14, non ti conosco’. Ognuno se lo crea. Poi, bisogna stabilire come farlo. Per evitare rancori, questa decisione deve essere sempre esplicitata, concordata”.

E con i figli, magari piccolissimi, come si fa?

“Anche lì, scandire il tempo della giornata. Bisogna costruire insieme un piano giornaliero in cui i papà e le mamme sono ‘accessibili’. Naturalmente, questo piano deve essere flessibile. Ognuno deve contrattare con gli altri una divisione della giornata in cui ci sia uno spazio ‘esclusivo’ per sé”.

E per marito-moglie?

“Anche lì, serve un tempo esclusivo per la coppia. Bisogna trovarlo”.

Quale è il rischio, se non si arriva a questo obiettivo?

“Che si arriva a fine giornata insoddisfatti, e non si sa il perché”.

Dunque, un programma preciso.

“Sì, un’ora in cui si può fare quello che si vuole, persino parlare con l’amante, ma questo è un altro discorso ancora”.