24 marzo 2020
Intervista a cura di Fulvia Degl’Innocenti
La psicologa e scrittrice Maria Martello, specializzata in mediazione di conflitti, spiega le regole per una buona relazione quando ci si trova a convivere tutto il giorno. Le tensioni sono inevitabili ma se si imparano a gestire la famiglia ne può uscire rinforzata. È importante dare valore all’altro, ascoltarlo, condividere, rinegoziare i ruoli e ritagliarsi anche momenti tutti per sé.
La convivenza forzata rischia di creare momenti di tensione in famiglia e scatenare conflitti difficili da gestire. Ma può anche essere l’occasione per ripensare gli equilibri delle relazioni, e uscirne più uniti e rafforzati. Basta sapere come fare, perché, mentre la società ci addestra su molte competenze, nessuno ci hai mai fatto diventare competenti in fatto di relazioni. Abbiamo chiesto qualche consiglio sulla gestione dei conflitti tra le mura domestiche a Maria Martello, che è una mediatrice dei conflitti, docente di psicologia e scrittrice di diversi libri sul tema come La formazione del mediatore (Utet) e Educare con Senso senza disSenso (Franco Angeli).
«La prima cosa che chi vive questa quarantena in famiglia dovrebbe tenere presente è la consapevolezza che ci sono invece tante persone sole», ricorda la dottoressa Martello «che non hanno nessuno con cui condividere le proprie ansie e paure, nessuno che possa cucinare loro qualcosa se costrette a letto. Quindi l’invito è quello di dare valore alla propria ricchezza di affetti».
Certo, il rischio che la convivenza forzata possa generare delle rotture all’interno della famiglia è alto, ma se si imparano a gestire i conflitti, che sono legati intrinsecamente a ogni tipo di relazione, ne potremo uscire ancora più forti e consapevoli della gioia e della serenità che possono derivare dallo stare insieme e non essere soli al mondo. Una famiglia che oggi litiga può uscire da questa crisi rafforzata, perché ha avuto modo di confrontarsi con l’altro e in questa fatica c’è molta crescita. A tale proposito la dottoressa Martello ha individuato alcune semplici regole che possiamo applicare alla nostra quotidianità, sia con il partner sia con i figli.
«Innanzitutto, quando due o più persone devono condividere lo stesso tempo, un tempo enorme, è ovvio che scatti la lotta per dividersi lo spazio, non inteso solo in senso fisico. Ci si chiede quale sia ora il proprio ruolo all’interno della famiglia: e i ruoli vanno rivisti , per esempio un padre che era abituato ad arrivare tardi la sera dopo una giornata di lavoro ora non ha nulla da fare tutto il giorno. È il momento di ricon-trattare i ruoli. Una moglie abituata a cucinare può invitare il marito a mettersi ai fornelli per dare un senso al suo tempo e magari scoprire un’attività gratificante. Occorre valorizzare l’altro, aiutarlo a trovare un senso alla sua giornata.
Importante poi ritagliarsi uno spazio durante il giorno per restare da soli con sè stessi, meditando, pregando, facendo ginnastica. Occorre ritualizzare quel momento, e far sì che sia rispettato da tutti. Se la casa è piccola può essere in bagno, sul balcone. Un’altra azione che possiamo mettere in atto è dedicare almeno un gesto di affetto al giorno alle persone che vivono con noi senza aspettarci che siano gli altri a farlo per primi. Non è vero che per risolvere un conflitto occorre essere in due: già l’azione del singolo può generare un circolo virtuoso. Occorre poi dare valore ai gesti altrui, anche se non sono perfetti.
Faccio un esempio: il compagno decide di sparecchiare e caricare la lavatrice. Di solito non lo fa e ai miei occhi l’ha caricata in modo sbagliato. Invece di rimarcare le sue mancanze diamo valore alla sua intenzione e al suo desiderio di rendersi utile dandogli un feedback positivo. Nella relazione è poi fondamentale non dare per scontato che l’altro comprenda che cosa mi passa per la mente, quali sono le mie emozioni e desideri: gli esseri umani sono complessi e sono l’uno per l’altro un mistero. Cerchiamo di verbalizzare i nostri stati d’animo e soprattutto quando l’altro parla facciamolo finire senza interromperlo, diamogli modo di comunicare davvero con noi. Infine, un consiglio per creare una maggiore intimità con i figli: spesso non sanno molto dei loro genitori, del loro lavoro, delle loro esperienze. Si potrebbe istituire una sorta di “caminetto” ideale in cui l’adulto comincia a raccontarsi, per esempio un episodio di quando era giovane, di un’avventura che ha vissuto, di quando si è innamorato del coniuge. Così facendo doniamo ai figli un pezzo del nostro cuore. Un figlio bravo a scrivere potrebbe tra-scrivere l’episodio al computer, e un altro magari illustralo per creare un personale Decamerone».
Maurizio Pometti, Cuori ribelli, olio su tela, 60x80cm, 2018